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Shoah, una rete contro l'oblio
L'iniziativa di quaranta docenti universitari presentata alla camera
da Europa, del 25/01/2012
di Andrea Tognotti
In una settimana densa di iniziative sul ricordo della Shoah (venerdì si celebra il Giorno della Memoria), alla camera un gruppo di docenti italiani coordinati da David Meghnagi annuncia la costituzione di una “Rete per la memoria della Shoah, contro le discriminazioni, per una cittadinanza condivisa”. L’obiettivo? Incrementare e diffondere negli atenei italiani e nei licei, attraverso il Giorno della Memoria e altre iniziative legate alla conoscenza della Shoah, le buone pratiche nella lotta contro ogni forma di razzismo e antisemitismo.
Ce n’è bisogno? A giudicare dai tremila siti negazionisti che si trovano in rete si direbbe di sì. Ma non è solo per contrastare l’ignoranza dei fatti storici o il pregiudizio che – per ora – circa quaranta docenti di venti atenei italiani mettono in comune conoscenze e voglia di lavorare alla formazione di professori specializzati nella materia: il punto – dice ad esempio il presidente della camera Gianfranco Fini, che presta volentieri la sede istituzionale per lo svolgimento delle iniziative della Rete – è che a partire dalla memoria della Shoah si dà «un contributo decisivo al contrasto di ogni nuova o vecchia forma di antisemitismo e di razzismo; e si impedisce che qualsiasi ideologia o potere possano abbattersi sugli inermi, sugli innocenti, su interi popoli contro i quali decretare le discriminazioni più odiose per motivi di razza, di religione, di genere, di condizione sociale». E c’è il «preciso dovere delle istituzioni di tenere desta la coscienza degli uomini».
Seguendo ancora le parole del presidente della camera si vede che puntualizzando gli eventi tragici del passato si parla in realtà del presente: «Ridefinire il concetto di cittadinanza – spiega Fini – è una delle grandi sfide della democrazia contemporanea, non solo in Italia, ma in tutta Europa. È una sfida certo imposta dalle grandi migrazioni e dai processi globali del nostro tempo, ma a ben vedere è anche una sfida connaturata alla stessa democrazia, il cui processo di affermazione e consolidamento tende e deve comunque inevitabilmente tendere all’inclusione e all’allargamento a nuove fasce di popolazione dei diritti sociali e dei diritti politici».
Così stanno le cose anche per il ministro Andrea Riccardi: «La memoria della Shoah è un fatto decisivo della comune identità europea». Si parli dunque della Shoah, ma come? Secondo Luciano Violante bisogna «evitare tre errori pedagogici: quello che punta solo sull’anniversario, che poi passa; la pedagogia dell’orrore, che ha senso ma separa i fatti dai processi storici che li hanno prodotti; quello della compassione, che fa dire “poveretti” e poi si va avanti».
Allora qual è il modo giusto per parlarne? Secondo l’ex presidente della camera bisogna usare «la pedagogia della verità, aumentare la conoscenza, conservare la memoria, andare ai processi storici ». Un primo risultato, i docenti che lavorano sull’argomento l’hanno già ottenuto: come ha raccontato ieri il professor Paolo Cohen, l’università di Teramo, «conosciuta finora come negazionista, avrà anch’essa il suo Giorno della memoria».
Come si diceva, quello della camera è stato solo uno dei tanti eventi organizzati in questi giorni. Il ministro dell’integrazione Riccardi ha parlato a una tavola rotonda promossa dal Comitato di coordinamento per il ricordo della Shoah e dall’Unione delle comunità ebraiche in Italia. A suo parere «ancora tanti settori dell’opinione pubblica europea non riconoscono il dramma della Shoah, non la conoscono, la relativizzano. Non si tratta – ha sostenuto – solo di negazionismo, ma di relativismo storico per cui la si affoga tra le grandi tragedie del Novecento.
Ma nessuna tragedia è uguale all’altra, come la morte di nessun uomo è uguale all’altra. E la Shoah spicca nel suo carattere differente, particolare, profondo». Intanto il consiglio comunale di Roma dovrebbe dare giovedì prossimo il via libera progetto definitivo per il Museo della Shoah di Roma previsto a Villa Torlonia sulla Nomentana. Il progetto del museo – un parallelepipedo nero, sospeso, che riporta i nomi dei deportati italiani – è firmato dagli architetti Luca Zevi e Giorgio Tamburini.
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