16 ottobre 1943

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la deportazione degli ebrei di Roma

 

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Diritti umani e leggi razziali, ragazzi ascoltano i testimoni

da Roma Sette, del 10/12/2018
di Andrea Acali

Nel giorno in cui si celebrano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e a 80 dalla promulgazione delle famigerate leggi razziali, il II Municipio di Roma Capitale, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma 3, ha organizzato l’evento “Dal buio alla speranza: 1938/1948. lI significato di due anniversari”. Un progetto che ha coinvolto circa 150 studenti di quattro licei del territorio, Montessori, Tasso, Plinio e Giulio Cesare, in una riflessione critica sui diritti umani.

I ragazzi hanno incontrato nella Biblioteca Nazionale Giorgio Ajò, Lello Dell’Ariccia e Gianni Polgar, all’epoca bambini senza diritti (i primi due sono nati nel 1937, il terzo un anno prima) e testimoni diretti, scampati al rastrellamento del 16 ottobre 1943. I tre sopravvissuti alla Shoah hanno dato vita, come ha spiegato Dell’Ariccia, all’Associazione progetto memoria «per trasformare lutti e ricordi di famiglia in memoria, per raccontare quello che è successo e rifletterci».

Invito rivolto «in particolare agli studenti perché si possa ragionare su come sia potuto succedere, passare il testimone e contribuire perché questo non accada più. Non solo agli ebrei – ha sottolineato – ma a quanti perdono la libertà, la dignità e la vita. Succede ancora. L’esempio della Shoah va ricordato per questo». Non è mancato un riferimento al presente e una stilettata ad alcuni politici di oggi: «Basare la campagna elettorale sulla superiorità della razza ci fa rabbrividire».

Secondo Dell’Ariccia, le leggi razziali trovarono il loro “terreno di coltura” nell’antisemitismo e nei pregiudizi secolari (con una ingenerosa nota polemica nei confronti del cristianesimo) ma anche nell’indifferenza di quanti «facevano finta di non vedere». Per questo ha raccontato la vicenda della «famiglia Martini, nostri vicini di casa, che nel 1938 quando gli altri abitanti del palazzo non ci rivolgevano più la parola, bussarono da noi e prima chiesero e poi proposero amicizia. Dura da 80 anni e si è estesa a figli e nipoti, ora sparsi in tutto il mondo. Sono i primi Giusti tra le nazioni che ho conosciuto e per questo li ho proposti per tale riconoscimento».

Anche Giorgio Ajò ha raccontato la sua vicenda personale. «Grazie alla previdenza della mia famiglia riuscimmo a salvarci tutti – ha spiegato – Quando dopo l’8 settembre situazione precipitò e dalla persecuzione dei diritti si passò alla persecuzione fisica due mie zie erano già in America, altri parenti in Argentina e Brasile. Nel luglio ‘43 io, mia madre e mia nonna ci trasferimmo a Perugia da amici. Mio padre rimase a Roma e il 16 ottobre si trovava a casa, in via S. Quintino, a S. Giovanni, tra l’ambasciata tedesca e via Tasso. Alle 5.30 gli telefonò un vicino, l’allora maggiore della Finanza Tani e gli disse “Renzo, vattene immediatamente, è iniziata una retata di ebrei”. Mio padre – ha proseguito Ajò – rispose che non aveva documenti e il maggior lo invitò a salire in casa sua al piano di sopra. Puntualmente i tedeschi arrivarono, sfondarono la porta e non trovarono nessuno. Il palazzo aveva 4 piani e ogni pianerottolo aveva quattro appartamenti: perquisirono quelli degli ultimi due ma mio padre era al secondo e si salvò».

Altrettanto rocambolesca la storia di Gianni Polgar, nato a Fiume da una famiglia di origine ungherese. «Mio padre era avvocato, fu radiato dall’albo e nella primavera del 1939 ci trasferimmo a Roma. Io fui nascosto all’istituto De Merode a piazza di Spagna. Vaglielo a spiegare a un bambino di 7 anni che il suo nome non era più Gianni ma Franco Terenzini, che quella signora che veniva a trovarti non era tua madre ma zia Annetta, altrimenti ti portano via, che devi dire di essere orfano con i genitori morti sotto un bombardamento e soprattutto che non puoi recitare le preghiere che ti hanno insegnato. Ce n’erano altri di bambini ebrei, ci fecero fare i chierichetti e anche Prima Comunione e Cresima. Nella maturazione uno elabora certi fatti ma ti lasciano segni indelebili».

Il resto della famiglia rimasto a Fiume non ebbe la stessa sorte e finì sterminata ad Auschwitz. Come è potuto succedere? Secondo Polgar «a parte i pregiudizi, la cultura europea ha notevole responsabilità. Noi tre siamo qui a testimoniare per mantenere viva la memoria». Poi, rispondendo ad alcune domande, ha invitato «l’Italia a fare i conti con la propria storia» mentre Dell’Ariccia ha suggerito ai ragazzi di essere partecipativi: «Il nemico della democrazia è l’indifferenza. Le centinaia di morti annegati nel Mediterraneo – ha concluso – sono conseguenza dell’indifferenza internazionale».

Tags: antisemitismo, ebrei, fascismo, leggi razziali

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