16 ottobre 1943

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la deportazione degli ebrei di Roma

 

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Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma

Una delle questioni pi? discusse riguarda papa Pio XII e il fatto di non aver mai condannato n? di essersi impegnato per fermare le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento.

Una questione storiografica

Afferma Pietro Scoppola, illustre docente di Storia Contemporanea all’Università di Roma La Sapienza scomparso nel 2007 (Lezioni sul Novecento, Pietro Scoppola, Editori Laterza, 2010):

«Nelle ricerche storiografiche più recenti ha riacquistato un certo rilievo il rapporto della Chiesa italiana con la Democrazia Cristiana; in questo contesto è stata anche rivisitata la figura di Pio XII. Fra gli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta sono uscite una serie di opere e di studi sulla figura complessa e discussa di questo papa, il cui ruolo e le cui intuizioni sono stati in larga parte rivalutati.

Le ultime interpretazioni della Resistenza civile hanno contribuito a rivalutare lo spazio in esso avuto dalla Chiesa, la cui presenza negli anni drammatici dell’occupazione tedesca è stata decisiva per ricreare molecolarmente un tessuto di solidarietà, di attenzione alla dignità dell’uomo. […]

L’immagine della presenza cattolica in Italia durante la guerra era stata a lungo dominata dalla polemica aperta nel 1963 dall’opera teatrale “Il Vicario” e dalla discussione sui presunti “silenzi di Pio XII” ovvero sulla mancata pubblica ed esplicita condanna del nazismo da parte del papa. La polemica ha dato luogo, tra il 1965 e il 1981, alla pubblicazione da parte del Vaticano di un’imponente collana di documenti intitolata “Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale”. La Santa Sede ha cercato di far emergere l’azione di sostegno svolta in favore degli ebrei e dei perseguitati, evidenziando allo stesso tempo la preoccupazione di Pio XII sul fatto che una sua esplicita condanna del nazismo avrebbe potuto inasprire le persecuzioni tedesche.

In Olanda, Germania e in Polonia, dove l’episcopato fu più forte e deciso nella denuncia delle retate e dei campi di sterminio, le cose andarono molto peggio rispetto ad altre situazioni in cui atteggiamenti più diplomatici riuscirono ad alleviare le pene dei perseguitati. Si tratta di un altro dei problemi della nostra storia che non ha ancora trovato risposta.

Dopo la guerra, François Mauriac lamentava da cattolico questo silenzio, domandandosi, a proposito della mancata denuncia pubblica da parte del Vaticano dei crimini nazisti, per quale motivo noi cristiani “non [avessimo] avuto il conforto di sentire il successore del Galileo, Simone Pietro, condannare con parola netta e chiara, e non con allusioni diplomatiche, la crocifissione di questi innumerevoli ‘fratelli del Signore’”.

Storiograficamente, questa tematica è stata affrontata a partire da due letture principali: quella profetica che uscì all’indomani della fine della guerra, e quella diplomatica. La prima ha denunciato i silenzi come una caduta del pontificato; la seconda non ha giustificato, ma ha spiegato quell’atteggiamento con la preoccupazione del peggio che sarebbe potuto accadere.»

Chiese e conventi, luogo di rifugio in Europa

A contestualizzazione del periodo storico, va ricordato come un numero compreso tra seicentomila e ottocentomila ebrei si fossero rifugiati nelle chiese e nei conventi di tutta Europa, in gran parte occupata dai nazisti, grazie all'opera nascosta di sacerdoti, frati, suore, laici, i quali operarono con la benedizione, comunque mai dichiarata ufficialmente, di papa Pio XII. Il Papa stesso offrì rifugio a numerosi ebrei nei palazzi del Vaticano e nelle chiese romane.

Lo studioso ebraico Pinchas Lapide ha ricordato delle stime per cui tra il 70 e il 90% dei 950.000 ebrei europei sopravvissuti all'olocausto, lo devono ad iniziative cattoliche, incoraggiate e sostenute dallo stesso Pio XII.

Occorre poi considerare che, come documenta lo storico svizzero Jean-Claude Favez, la Croce Rossa Internazionale, attraverso suoi informatori, era ben al cosciente, già nel 1942, di quanto avveniva nei campi di concentramento tedeschi e, nonostante ciò, decise di tacere temendo che una denuncia pubblica avrebbe scatenato ancora di più i nazisti.

Pio XII e Roma assediata

Lo storico Andrea Riccardi, nel suo volume “L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma” (Laterza, 2008), ricorda come tra le mura e i vicoli della città si consumasse una guerra di fuggiaschi e nascondigli.

Durante l'occupazione nazista dell'Italia, dopo l'8 settembre, il Vaticano offrì asilo politico presso la Santa Sede a molti esponenti politici antifascisti tra cui Alcide De Gasperi e Pietro Nenni, appellandosi al fatto che la Città del Vaticano era uno Stato sovrano. Non sempre i tedeschi rispettarono l'extraterritorialità di altre aree a Roma di pertinenza della Santa Sede: nell'inverno del 1943 i tedeschi fecero irruzione nella basilica di San Paolo fuori le Mura dove arrestarono chi vi si era rifugiato, ed è stato scoperto di recente un piano segreto di Hitler che prevedeva l'occupazione del Vaticano e l'arresto di Pio XII, il quale secondo il dittatore nazista ostacolava i piani della Germania.

L’ipotesi che Hitler tenesse prigioniero il papa era considerata così realistica, e in alcuni momenti imminente, che Pio XII preparò una lettera di dimissioni da utilizzare in caso di propria cattura, dando istruzioni di tenere un successivo conclave a Lisbona.

Una guerra nascosta e cruenta quindi che portò i civili in prima linea: cittadini, uomini e donne di Chiesa, Pio XII in persona. Né sarebbe potuto essere diversamente visto che Roma, di fatto e per comune sentire, non era più la capitale dell’effimero regime fascista della Repubblica sociale ma in tutto e per tutto la città del papa. Una città che come lui non combatté l'occupazione ma nemmeno cedette, resistette e si impegnò a sopravvivere, aiutò i ricercati a nascondersi.

In una Roma assediata dove le croci uncinate sostavano sotto le finestre del papa, i nazisti catturarono quasi duemila ebrei ma, scrive Riccardi puntualizzando le stime di Lapide su Roma, all'incirca diecimila sopravvissero nascondendosi in case private, nei conventi e nelle parrocchie, negli ospedali, nelle istituzioni e nei territori della Santa Sede. Taluni di quelli che andarono in aiuto ai perseguitati sono stati riconosciuti come “giusti” dallo Stato di Israele.

Come scrive Marco Impagliazzo (La resistenza silenziosa. Leggi razziali e occupazione nazista nella memoria degli ebrei di Roma, a cura di Marco Impagliazzo, Guerini e Associati, 1997) «La maggioranza degli ebrei romani sfuggiti alla cattura deve la salvezza all’accoglienza fra mura ecclesiastiche. È un dato di fatto e farne memoria oggi significa salvare parte dell’onore della città».

Tags: Roma, deportazione, Pio XII, Vaticano, occupazione nazista, Kappler, leggi razziali, fascismo

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